Presidenza di Chester Arthur

Presidenza Chester Arthur
Il presidente Chester Arthur (anni 1880).
StatoStati Uniti (bandiera) Stati Uniti
Capo del governoChester Arthur
(Partito Repubblicano)
Giuramento19 settembre 1881
Governo successivo4 marzo 1885

La presidenza di Chester Arthur ebbe inizio il 19 settembre 1881, quando Arthur, allora vicepresidente in carica da 199 giorni, divenne il 21º presidente degli Stati Uniti d'America a seguito della morte del presidente James A. Garfield, ferito in un attentato alla sua vita il 2 luglio precedente. La presidenza Arthur terminò alla scadenza naturale, 4 marzo 1885.

Di salute cagionevole e privo del pieno appoggio del proprio partito, il Repubblicano, Arthur fece solamente uno sforzo simbolico per ottenere la candidatura alle elezioni presidenziali del 1884; gli succedette l'esponente del Partito Democratico Grover Cleveland.

Arthur era stato scelto come candidato vicepresidente di Garfield alle elezioni presidenziali del 1880 a causa della sua appartenenza alla corrente degli "stalwart", fedeli all'ex presidente Grant e difensori di un sistema clientelare. Egli lottò per superare la reputazione di capogruppo della "macchina politica" di New York. Abbracciò la causa della riforma della funzione pubblica federale tanto che la difesa e l'applicazione della legge Pendleton sulla riforma della funzione pubblica (1882-1883) divennero il fulcro della sua amministrazione; sebbene la pratica della raccomandazione rimanesse assai diffusa, la nuova legge pose le basi per una funzione pubblica professionale e qualificata, che sarebbe emersa nei decenni seguenti.

Riguardo al surplus di bilancio, il presidente firmò la legge sui dazi del 1883, che ridusse i dazi doganali; usò anche il veto sul Rivers and Harbors Act, una legge che stanziava fondi federali in misura che ritenne eccessiva; supervisionò inoltre un programma di costruzione per la marina militare.

Quando la Corte suprema annullò la legge sui diritti civili del 1875, emanata durante la presidenza di Ulysses S. Grant, Arthur fu a favore di una nuova legge a protezione degli afroamericani, ma non riuscì ad ottenerne l'approvazione parlamentare. In politica estera il presidente perseguì relazioni economico-politiche più strette con i paesi dell'America Latina, benché molti degli accordi commerciali proposti vennero bocciati dal Senato.

La Convention nazionale repubblicana del 1884 gli preferì James Blaine, che fu poi sconfitto dal democratico Cleveland alle elezioni. Sebbene la scarsa salute fisica e il temperamento personale e politico di Arthur congiurassero per rendere l'azione della sua amministrazione meno incisiva rispetto a quella di una moderna presidenza, egli si guadagnò elogi da parte dei contemporanei per il solido bilancio del suo mandato. Il giornalista Alexander Kelly McClure scrisse: "Nessun uomo è mai entrato nella presidenza oggetto di una sfiducia così profonda e ampia come Chester Alan Arthur, e nessuno ne è mai uscito... con un rispetto più generale di lui, tanto tra gli amici che tra i nemici politici"[1].

Dopo la sua morte, la sua reputazione storica è per lo più svanita dalla coscienza dell'opinione pubblica; sebbene alcuni ne elogiarono la flessibilità e la forte volontà di intraprendere la via delle riforme, gli studiosi contemporanei, come si evince dalla classifica storica dei presidenti degli Stati Uniti d'America, lo considerano come un presidente relativamente al di sotto della media.

  1. ^ Reeves, p. 420.

From Wikipedia, the free encyclopedia · View on Wikipedia

Developed by Nelliwinne