I regicidi di Carlo I d'Inghilterra, sulla base dell'Indemnity and Oblivion Act del 1660, furono i 59 commissari (giudici) che fecero parte dell'Alta Corte di Giustizia per il processo di Carlo I d'Inghilterra e che siglarono il suo atto di condanna a morte nel 1649, assieme ad altri ufficiali che presero parte al processo o all'esecuzione e a Hugh Peters, influente predicatore repubblicano.
Il tribunale era composto da tre membri della Paria d'Inghilterra, quattro membri del consiglio della City of London, ventidue tra baronetti e cavalieri, tre generali, trentaquattro colonnelli, dodici giudici dell'Alta Corte di Giustizia, tre serjeants-at-law e vari rappresentanti della Camera dei Comuni inglese.[1]
Con la restaurazione del 1660, sei di questi commissari e altri quattro presenti all'atto di condanna a morte del sovrano vennero riconosciuti colpevoli di regicidio e a loro volta condannati a morte; uno venne impiccato e gli altri nove vennero impiccati, decapitati e squartati come la legge prevedeva per i regicidi. Nel 1662 altri tre regicidi vennero puniti con quest'ultima pena esemplare. Altri vennero successivamente perdonati, mentre diciannove vennero condannati al carcere a vita, oltre a tre che si trovavano già defunti al momento della restaurazione, i cui corpi a ogni modo vennero profanati.[2]
Dei regicidi che sfuggirono alla purga voluta da Carlo II, sette si erano rifugiati in Svizzera, quattro nei Paesi Bassi e quattro in Germania. Tre commissari, John Dixwell, Edward Whalley e William Goffe, si riunirono a New Haven, nel Connecticut, nel 1661, morendo poi di morte naturale e sono ancora oggi ricordati in America.