Repubblica di Bobbio

Repubblica di Bobbio
Repubblica di Bobbio – Bandiera
Dati amministrativi
Lingue ufficialiitaliano
Lingue parlateitaliano
CapitaleBobbio  (6500 ab. / 1944)
Dipendente da CLNAI
Politica
Forma di StatoRepubblica partigiana
Forma di governoRepubblica direttoriale
Sindaco-CommissarioAntonio Bruno Pasquali
Comandante militareTen. Fausto Cossu
Organi deliberativiGiunta della Repubblica di Bobbio
Nascita7 luglio 1944
CausaLiberazione di Bobbio
Fine27 agosto 1944
CausaBattaglia del Penice
Territorio e popolazione
Bacino geograficoItalia settentrionale
Economia
ValutaLira
Religione e società
Religioni preminenticattolicesimo
Evoluzione storica
Preceduto daRepubblica Sociale Italiana (bandiera) Repubblica Sociale Italiana
Succeduto daRepubblica Sociale Italiana (bandiera) Repubblica Sociale Italiana

La Repubblica di Bobbio è stata un'entità statuale provvisoria nata nell'omonima città emiliana in provincia di Piacenza nel contesto della VI Zona Operativa e la XIII Zona Operativa fra il 1944 ed il 1945 durante la seconda guerra mondiale dai partigiani liberatesi dall'occupazione nazi-fascista. La Repubblica si estendeva per 90 km, comprendendo un tratto della statale Piacenza-Genova in Val Trebbia da Rivergaro a Torriglia (che costituiva una zona libera a sé stante), comprendendo le valli circostanti in Val Boreca, in Oltrepò Pavese da Varzi (zona libera a sé dal settembre alla seconda liberazione di Bobbio) fino a Voghera, Val Tidone, Val Luretta, Val Nure, Val d'Aveto, Valle Scrivia, Valbrevenna, Val Borbera, Val Grue, Val Vobbia e Val Curone[1].

A cavallo tra il 1943 e il 1944 le esigue forze nazifasciste non ebbero la capacità d'impedire ai partigiani di espandere la loro influenza in tutto il comune e nelle valli. Il 7 luglio 1944, dopo che i partigiani avevano disarmato la Milizia contraerea, i nazisti furono costretti ad abbandonare la zona. Radio Londra annunciò «Bobbio, la prima città del Nord Italia è liberata».[2]

  1. ^ Le Repubbliche partigiane, su anpi.it. URL consultato il 23-04-2015.
  2. ^ Antifascisti e partigiani sardi - Tonino Mulas Archiviato il 29 ottobre 2013 in Internet Archive.

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