Riforma costituzionale Renzi-Boschi

Riforma costituzionale Renzi-Boschi
Matteo Renzi e Maria Elena Boschi,
promotori della legge costituzionale in Parlamento
Titolo estesoDisposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione
StatoItalia (bandiera) Italia
Tipo leggetesto di legge costituzionale
LegislaturaXVII
ProponenteMatteo Renzi,
Maria Elena Boschi
(Governo Renzi)
SchieramentoPD, NCD, SC, UDC, ALA[1]
Promulgazionenon avvenuta per il risultato del referendum del 4 dicembre 2016
Testo
in Gazzetta Ufficiale

La riforma costituzionale Renzi-Boschi[A 1] è stata una proposta di revisione della Costituzione della Repubblica Italiana contenuta nel testo di legge costituzionale approvato dal Parlamento italiano il 12 aprile 2016 e sottoposto a referendum il 4 dicembre 2016.[2]

La riforma, nata con un disegno di legge presentato dal Governo Renzi l'8 aprile 2014, si prefiggeva «il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione».[3]

Il provvedimento proponeva in particolare una radicale riforma del Senato della Repubblica, la cui principale funzione sarebbe diventata quella di rappresentanza delle istituzioni territoriali, concorrendo paritariamente con l'altra camera all'attività legislativa solo in determinati casi.[4] Il numero dei senatori sarebbe stato ridotto da 315 a 100 membri, i quali – eccetto cinque nominati dal Presidente della Repubblica – sarebbero stati eletti dai Consigli regionali fra i loro stessi componenti e fra i sindaci dei propri territori. La Camera dei deputati sarebbe rimasta quindi l'unico organo a esercitare la funzione di indirizzo politico e di controllo sull'operato del Governo, verso il quale sarebbe rimasta titolare del rapporto di fiducia. Venivano anche introdotte alcune modifiche nel meccanismo di elezione del Presidente della Repubblica e di nomina dei giudici della Corte costituzionale. La riforma contemplava inoltre la rimozione dalla Carta dei riferimenti alle province, l'abolizione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) e la soppressione dell'elenco delle materie di legislazione concorrente fra Stato e Regioni; erano previste anche modifiche in tema di referendum popolari, procedimento legislativo e uso della decretazione d'urgenza.

La proposta di riforma, aspramente avversata dalle opposizioni parlamentari e da alcuni giuristi, è stata approvata con una maggioranza inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna camera: di conseguenza, come prescritto dall'articolo 138 della Costituzione, il provvedimento non è stato promulgato direttamente, essendo prevista la facoltà di richiedere un referendum per sottoporlo al giudizio degli elettori. La consultazione popolare, richiesta sia su iniziativa parlamentare sia attraverso una raccolta di firme, ha avuto luogo il 4 dicembre 2016;[5] non è stato necessario il raggiungimento di un quorum.[6] La consultazione referendaria ha visto un'alta affluenza alle urne, pari al 65,47% degli elettori, e una netta affermazione dei voti contrari, pari al 59,12% dei voti validi. La riforma non è quindi entrata in vigore.

  1. ^ Il gruppo parlamentare di Denis Verdini, in Il Post, 29 luglio 2015. URL consultato il 13 luglio 2016.
  2. ^ Referendum, si vota domenica 4 dicembre, in la Repubblica, Gruppo Editoriale L'Espresso, 26 settembre 2016. URL consultato il 26 settembre 2016.
  3. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore testo riforma
  4. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore iterbicamerale
  5. ^ Il Referendum si voterà il 4 dicembre, in La Stampa, 26 settembre 2016.
  6. ^ Valerio Onida, Maurizio Pedrazza Gorlero (a cura di), Capitolo VI - Il Parlamento, in Compendio di diritto costituzionale, Giuffrè Editore, 2011, pp. 188-193.


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