La scienza di confine (dall'inglese fringe science) è per sua stessa definizione, quella serie di controverse teorie o discutibili ricerche scientifiche che si pongono ai confini della corrente principale delle discipline accademiche convenzionalmente riconosciute.[1] Quella di "scienza di confine" è una frase utilizzata per descrivere qualsiasi ricerca scientifica all'interno di un campo di studio ben definito e istituzionalizzato che si allontana significativamente dalle teorie accettate dalla corrente principale (in inglese mainstream) di quei ricercatori, o che sono eterodosse rispetto a teorie ortodosse che sono alla base o comuni a molte altre discipline scientifiche.
Mentre esiste qualche esempio di ricercatori appartenenti alla corrente principale della scienza che propugnano idee alquanto eccentriche all'interno della propria disciplina di competenza (ad esempio James Dewey Watson, uno dei due biochimici scopritori della molecola del DNA, che sosteneva la possibilità che la molecola fosse stata diffusa nell'universo grazie a sonde interplanetarie extraterrestri e che non fosse il semplice prodotto dell'evoluzione sulla Terra; oppure il biochimico Peter Duesberg che sostiene che il virus HIV non sia la causa dell'AIDS), molte tra le "idee scientifiche di confine" sono postulate da individui che non appartengono affatto all'ambito della scienza, oppure da scienziati che lentamente si sono collocati al di fuori della corrente principale delle proprie discipline. Un altro uso del termine è nella descrizione di campi del sapere che non possono essere (sia per la mancanza di evidenza o di riproducibilità scientifica), riconosciute come "scienza in buona fede", anche se a questi campi di ricerca si attribuisce piuttosto il termine di pseudoscienza.