Il Sikhismo è una religione monoteistica. Sorse nel XV secolo nel villaggio di Rai Bhoe Talwandi (oggi Nankana Sahib in Pakistan) ove il fondatore Guru Nanak Dev era nato e aveva cominciato a predicare.[1]
Tra le più giovani tra le religioni maggiori, il sikhismo è la quinta religione per seguaci, con circa 25 milioni di fedeli stimati all'inizio del XXI secolo.[2] Si sviluppò sugli insegnamenti spirituali di Guru Nanak Dev, il primo guru (1469–1539), e dei nove guru che gli succedettero. Il decimo e ultimo guru, Guru Gobind Singh (1666-1708), nominò suo successore la il libro Guru Granth Sahib, portando a termine la linea dei Guru umani e stabilendo le Scritture come guida spirituale eterna e religiosa.
Guru Nanak Dev insegnò che vivere una "vita attiva, creativa e pratica" di "veridicità, fedeltà, autocontrollo e purezza" è al di sopra della verità metafisica e che l'uomo ideale "stabilisce l'unione con Dio, conosce la Sua volontà ed esegue quella volontà". Guru Har Gobind, il sesto guru sikh (1606-1644), stabilì il concetto della mutua coesistenza dei regni miri (politico/temporale) e piri (spirituale). Guru Granth Sahib ji si apre con il Mul Mantar (ਮੂਲ ਮੰਤਰ), preghiera fondamentale su ik onkar (ੴ, "un dio").
Le credenze fondamentali del sikhismo, articolate nel Guru Granth Sahib, includono la fede e la meditazione sul nome dell'unico creatore; unità e uguaglianza divina di tutta l'umanità; impegnarsi in seva ("servizio disinteressato"); lottare per la giustizia, per il bene e la prosperità di tutti; e una condotta e un sostentamento onesti mentre si vive la vita di un capofamiglia. Seguendo questi precetti, il sikhismo rifiuta le affermazioni secondo cui ogni particolare tradizione religiosa ha il monopolio della verità assoluta.
Il sikhismo enfatizza il simran (ਸਿਮਰਨ, meditazione e ricordo delle parole di Dio), che può essere espresso musicalmente attraverso il kirtan, o internamente attraverso naam japna ("meditazione sul suo nome") come mezzo per sentire la presenza di Dio. Insegna ai seguaci a trasformare i "cinque ladri": sono le cinque principali debolezze della personalità umana in contrasto con la sua essenza spirituale e sono conosciuti come "ladri" perché rubano il buon senso intrinseco di una persona. Questi cinque ladri sono kaam (lussuria), krodh (ira o rabbia), lobh (avidità), moh (attaccamento) e ahankar (ego o orgoglio eccessivo), sono simili agli arishadvarga induisti, che però sono sei (kama-desiderio, krodha-rabbia, lobha-avidità, mada-arroganza, moha-illusione, matsarya-gelosia). Per gli induisti queste caratteristiche negative impediscono all'uomo di raggiungere moksha = मोक्ष, la liberazione e l'illuminazione, ovvero lo scopo supremo della vita umana, che sarebbe la libertà da dukkha e saṃsāra, il ciclo di morte e rinascita, dalla brama e dall'attaccamento alle passioni e dalla mente mondana, mediante la "conoscenza del vero sé", chiamato atman. Nell'induismo ci sono poi altri tre obiettivi della vita umana, che sono: dharma = vita virtuosa, corretta, morale, artha = prosperità materiale, sicurezza del reddito, mezzi di sussistenza, kama = piacere, sensualità, appagamento emotivo).
Lo scopo principale di un sikh praticante è sottomettere questi cinque vizi interiori e renderli inattivi. Le azioni della propria mente (e, per estensione, del proprio corpo) dovrebbero essere al di sopra, al di là e senza interferenze da questi cinque mali interiori. È il dharma e il dovere di un sikh non sottomettersi a queste cinque concupiscenze della mente.
La religione si è sviluppata e si è evoluta in tempi di persecuzione religiosa, guadagnando convertiti sia dall'induismo sia dall'Islam. I governanti moghul dell'India torturarono e giustiziarono due dei guru sikh, Guru Arjan ji (1563-1605) e Guru Tegh Bahadur ji (1621-1675), dopo che si rifiutarono di convertirsi all'Islam. La persecuzione dei sikh ha innescato la fondazione del "Khalsa" - da parte di Guru Gobind Singh ji nel 1699 - come ordine per proteggere la libertà di coscienza e religione, con membri che esprimono le qualità di un Sant-Sipāhī, un "santo soldato".