La Spedizione Endurance (in inglese Endurance Expedition, pron. [ɪnˈdjʊərəns ˌekspɪˈdɪʃn]), conosciuta anche come Spedizione Imperiale Trans-Antartica del 1914-1917 (Imperial Trans-Antarctic Expedition) è considerata l'ultima grande spedizione della cosiddetta epoca eroica dell'esplorazione antartica. La missione, comandata da Ernest Shackleton, si proponeva come obiettivo l'attraversamento a piedi dell'Antartide con slitte trainate da cani, coprendo una distanza totale di oltre 2 900 km. La missione fallì ancor prima di cominciare, con la nave Endurance stritolata dal pack nel mare di Weddell durante l'inverno del 1915, e con l'inizio di una lunga marcia dell'equipaggio verso la salvezza.
Svoltasi negli anni 1914-1917,[1] la missione impegnò due navi. L'Endurance, comandata da Ernest Shackleton, avrebbe attraversato il mare di Weddell puntando alla baia di Vahsel da dove una squadra di sei uomini, guidata da Shackleton stesso, avrebbe iniziato la traversata del continente antartico. Nel frattempo una seconda nave di supporto, l'Aurora sotto il comando del capitano Æneas Mackintosh, dal Canale McMurdo sulla costa del mare di Ross dall'altro lato del continente, avrebbe provveduto a predisporre dei depositi di rifornimento fino al Ghiacciaio Beardmore, depositi che rifornendo il cibo e il carburante avrebbero consentito al gruppo di Shackleton di completare il loro viaggio attraverso il continente.[2]
Ma a sole 80 miglia dal continente antartico, l'Endurance, sorpresa dal gelo, rimase intrappolata nei ghiacci del mare di Weddell e per dieci mesi venne trascinata verso nordovest alla deriva nel pack. Il 21 novembre del 1915 la nave, non resistendo più alla costante pressione della banchisa, dopo 281 giorni dall'incagliamento sprofondò nel ghiaccio, inabissandosi nei pressi del 70º parallelo di latitudine Sud e costringendo Shackleton e il suo equipaggio a un'incredibile lotta per la sopravvivenza in uno dei luoghi più inospitali della terra, a migliaia di chilometri dalle più vicine terre abitate e dal soccorso. I 28 uomini dell'equipaggio furono costretti a lottare per sopravvivere, con provviste limitate e in un ambiente in cui la temperatura oscillava da -22 °C a -45 °C, dormendo per 5 mesi sul ghiaccio.
Costretti per mesi a vivere accampati sul pack, non furono soccorsi da nessuno; dopo un incredibile viaggio sulle tre scialuppe di salvataggio, salvate dal naufragio dell'Endurance, tutti gli uomini riuscirono comunque ad arrivare all'isola dell'Elefante nelle Shetland Meridionali. Da qui Shackleton, con altri cinque compagni, salpò alla guida di una scialuppa di sette metri nel temerario tentativo di raggiungere una base baleniera situata nella Georgia del Sud. Con il solo aiuto di un sestante e di un cronometro l'imbarcazione riuscì incredibilmente a percorrere 1 600 km e a raggiungere Grytviken, attraversando uno dei mari più pericolosi e inospitali al mondo. All'arrivo Shackleton organizzò una spedizione di soccorso, che solo molti mesi dopo, a causa del mare ghiacciato, riuscì a recuperare gli uomini rimasti ad attendere sull'isola dell'Elefante. Con grande orgoglio di Shackleton, nessuno dei suoi uomini morì in Antartide[3].
Dopo il salvataggio vennero scritti numerosi libri sull'avventura, spesso a cura degli stessi partecipanti[4]. Inoltre, durante la spedizione furono realizzate numerose fotografie ad opera di Frank Hurley[5]. A queste testimonianze vanno aggiunti diversi film e documentari che hanno trattato della spedizione, considerata come l'ultimo atto dell'epoca eroica dell'esplorazione antartica[6]. Agli inizi di marzo 2022 il relitto dell'Endurance è stato ritrovato a 3 000 metri di profondità nel mare di Weddell.[7]
Anche l'equipaggio dell'Aurora dovette affrontare situazioni altrettanto critiche. La loro storia è meno conosciuta, ma più tragica di quella dell'Endurance. Dopo che una tempesta in Antartide ruppe gli ormeggi della nave, i dieci uomini già scesi a terra rimasero abbandonati al Polo Sud, con poche scorte di viveri e nessun vestito di ricambio, dal 7 maggio 1915 fino al 10 gennaio 1917. Incredibilmente fu Shackleton che, arrivato in Nuova Zelanda nel dicembre 1916 e avvisato che il gruppo del mare di Ross si trovava ancora in Antartide, salpò per prestare loro soccorso. Una settimana dopo raggiunse capo Evans dove i sette sopravvissuti (dei 10 originali), membri del gruppo del mare di Ross, furono recuperati e trasportati sino a Wellington.