Strage di Mamasapano | |
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Una mappa della regione di Maguindanao | |
Tipo | massacro |
Data | 25 gennaio 2015 04:15 circa – 16:00 circa |
Luogo | Mamasapano, Maguindanao |
Stato | Filippine |
Coordinate | 6°55′29.6″N 124°31′12″E |
Obiettivo | Forze speciali filippine |
Responsabili | Gruppi islamisti del MILF e BIFF |
Motivazione | Uccisione di Zulkifli Abdhir Conflitti tra governo e MILF Conflitti tra governo e BIFF Religiosa |
Conseguenze | |
Morti | 67 |
La strage di Mamasapano venne commessa il 25 gennaio 2015 nella città filippina di Mamasapano, in seguito a uno scontro tra le forze speciali della Polizia Nazionale Filippina (Special Action Force o SAF) e i gruppi terroristici islamisti del MILF e BIFF. Anche diversi membri del Jemaah Islamiyah furono sospettati di aver partecipato alla battaglia contro le forze dell'ordine.
Il territorio di Mamasapano era da tempo noto per essere uno dei numerosi covi di diversi gruppi ribelli attivi a Mindanao.
Nel gennaio 2015 le forze speciali diedero inizio a un'operazione con l'obiettivo di catturare Abdul Basit Usman e Zulkifli Abdhir, meglio noto con lo pseudonimo di Marwan. Quest'ultimo era un terrorista malese esperto di esplosivi e bombe, rifugiatosi nella città filippina di Mamasapano per via di una taglia di 5 000 dollari imposta su di lui da parte del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.[1] Marwan, incluso nella lista dei criminali più ricercati dall'FBI e stabilitosi nelle Filippine nel 2003, fu ucciso in un attacco a sorpresa da parte di membri del SAF il 25 gennaio. Pochi istanti dopo l'uccisione di Marwan si verificò uno scontro della durata di quasi dodici ore tra le forze speciali e alcuni gruppi terroristici islamisti, sospettati di aver offerto protezione e riparo al criminale malese, che culminò con la morte di 67 persone, 44 delle quali agenti della polizia filippina.[1][2][3][4] Secondo il comandante delle forze speciali Getulio Napeñas, l'incidente provocò 250 caduti fra poliziotti e membri dei gruppi islamisti, sebbene ciò non sia mai stato confermato; nonostante le affermazioni di Napeñas, dopo lo scontro non fu ritrovata una tale quantità di corpi e non vi fu alcuna prova a supporto delle sue parole,[5][6] come confermato anche dal MILF e dal governo locale di Mamasapano.[7][8][9] L'altro obiettivo della missione, Abdul Basit Usman, riuscì a fuggire dal luogo dello scontro.
L'incidente è considerato l'evento che ha causato la più grande perdita di forze dell'ordine nella storia filippina.[10] La strage di Mamasapano destò impressione e sdegno a livello nazionale e internazionale per via dell'elevato numero di poliziotti rimasti uccisi. L'operazione iniziale fu chiamata Oplan Exodus, chiamata erroneamente Oplan Wolverine dai media locali. Il nome si riferisce a tre dei precedenti nove tentativi di catturare Marwan, Oplan Wolverine 1, 2 e 3, lanciate rispettivamente dal PNP-SAF nel dicembre 2012, marzo e maggio 2014.[11][12] Nel 2014 era stato siglato un accordo di pace tra il governo filippino e il MILF, dopo decenni di guerra tra i due fronti. In seguito all'attentato di Mamasapano furono rivolte pesanti critiche al Presidente delle Filippine Benigno Aquino III e alla sua gestione dell'incidente,[13] nonché alla proposta di approvare la legge fondamentale sul Bangsamoro (Bangsamoro Basic Law o BBL). Il Capo di Stato delle Filippine fu inoltre discreditato per aver posto Alan Purisima, allora direttore della Polizia Nazionale Filippina sospeso per via di accuse di corruzione, al comando della missione fatale.[14] Conseguentemente alla strage, il Congresso filippino bloccò temporaneamente il BBL, ostacolando parzialmente i processi di pace tra il governo e il MILF, fortemente sostenuti dall'amministrazione di Aquino.
Per via dell'importanza attribuita dagli Stati Uniti alla cattura di Marwan, diverse teorie ipotizzarono un coinvolgimento americano nell'operazione. Il governo di Benigno Aquino III, tuttavia, negò qualsiasi forma di partecipazione da parte di Washington.
Attraverso un test del DNA, l'FBI identificò il corpo dell'uomo ucciso dalle truppe del SAF, affermando che si trattava effettivamente del terrorista malese ricercato da tempo.