Sulla questione ebraica | |
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Titolo originale | Zur Judenfrage |
Altri titoli | La questione ebraica |
Introduzione di "Sulla questione ebraica" negli annuari tedesco-francesi del 1844 | |
Autore | Karl Marx |
1ª ed. originale | 1843 |
Genere | Saggio filosofico-politico |
Lingua originale | tedesco |
Sulla questione ebraica (in tedesco Zur Judenfrage), è un'opera di Karl Marx scritta nel 1843 e pubblicata per la prima volta a Parigi. Il saggio critica due studi dell'esponente della sinistra hegeliana Bruno Bauer, "La questione ebraica" e "La capacità degli ebrei e cristiani d'oggi di diventar liberi"[1]. In questi saggi Bauer sostiene che gli ebrei possono ottenere un'emancipazione politica solo rinunciando alla loro particolare coscienza religiosa, poiché l'emancipazione politica richiede uno stato secolare, che Bauer assume non lasciare spazio per identità sociali quali la religione. Secondo Bauer le richieste della religione sono incompatibili con l'idea dei Diritti dell'Uomo. La vera emancipazione politica, per Bauer, richiede l'abolizione della religione.
Marx usa il saggio di Bauer come occasione per una sua propria analisi dei diritti liberali. Marx sostiene che Bauer sia in errore nella sua assunzione che in uno stato secolare la religione non giocherebbe più un ruolo principale nella vita sociale e, come esempio, segnala la pervasione della religione negli Stati Uniti d'America che, al contrario della Prussia, non hanno una religione di Stato. Nell'analisi di Marx, lo stato secolare non è opposto alla religione, ma piuttosto la presuppone. L'abolizione, per i cittadini, delle qualificazioni di religione o di proprietà non significa l'abolizione della religione o della proprietà, ma solo introduce un modo di guardare agli individui in astrazione ad esse.
Marx sposta poi la questione dalla libertà religiosa all'analisi fatta da Bauer dell'emancipazione politica, concludendo che, mentre gli individui possono essere spiritualmente e politicamente liberi in uno stato secolare, essi possono essere ancora privi di libertà a causa della disuguaglianza economica, un presupposto che più tardi formerà la base delle sue critiche al capitalismo.