Con szlachta (IPA: [ˈʂlaxta]), termine polacco che sta per nobiltà, si fa riferimento all'aristocrazia che esercitò ampia influenza a livello giudiziario, amministrativo, culturale e, soprattutto, governativo nel Regno di Polonia, nel Granducato di Lituania e nella Confederazione polacco-lituana, in virtù dei numerosi diritti politici di cui godeva e che accrebbe nel corso dei secoli.[1][2][3][4][5][6][7][8][9]
Le origini della szlachta sono oscure e oggetto di numerose teorie ricostruttive.[10] Tradizionalmente, i membri che ne facevano parte erano proprietari terrieri di allodi, ovvero di terre non direttamente possedute e affidate in concessione dal re instaurando un rapporto di vassallaggio, come avveniva nel caso del feudalesimo. A differenza di quest'ultimo sistema, vi era maggiore libertà di manovra e il vincolo di sudditanza tra re e nobiltà era meno stringente.[11][12] La szlachta continuò ad assicurarsi crescente ed effettivo peso politico oltre che diritti per secoli (si parla a tal proposito del fenomeno storico della libertà dorata), ovvero dall'epoca in cui regnò Casimiro III il Grande (1333-1370), nel Regno di Polonia, fino al declino e alla dissoluzione della Confederazione polacco-lituana, avvenuto alla fine del Settecento.[13] Gli obblighi principali che ricadevano in capo al ceto sociale in esame riguardavano la partecipazione alle procedure di elezione del sovrano nella monarchia elettiva polacca, la necessità di nominare i funzionari pubblici e gli ufficiali dell'esercito e la designazione degli aristocratici che avrebbero ricoperto ruoli consultivi a corte. Con il passare del tempo, questo meccanismo si consolidò e si allargò a una fetta maggiore di nobili, portando alla formazione di una camera legislativa superiore meglio organizzata, il Senato. Il sistema che si venne a formare era di tipo bicamerale, con un Sejm (camera) inferiore e uno superiore; questi due organi, tra le altre cose, partecipavano alle elezioni reali. La camera inferiore era composta da rappresentanti eletti nelle assemblee locali dei sejmik.[4] I membri dei sejmik svolgevano vari ruoli governativi a livello locale in veste di voivodi, marescialli dei voivodati, castellani, starosta ed erano responsabili della riscossione delle tasse.[13]
Nel 1413, a seguito di una serie di tentativi di dare vita a un'unione personale tra il Granducato di Lituania e la Corona del Regno di Polonia, la nobiltà lituano-rutena si avvicinò sensibilmente alla szlachta.[13] Man mano che la Confederazione polacco-lituana accrebbe la sua influenza e la sua estensione territoriale dopo l'Unione di Lublino, i suoi membri crebbero fino a includere personalità di spessore della Prussia ducale e della Livonia. Alla lunga, la popolazione legata alla szlachta crebbe fino a comprendere quasi il 10% della società polacco-lituana, rendendola pertanto l'elettorato più numeroso di tutto il continente.[4]
Nonostante le enormi differenze spesso presenti in termini di ricchezza e influenza politica, esistevano poche distinzioni giuridiche tra i grandi magnati e la nobiltà minore.[4] Il principio di uguaglianza sussisteva poiché i titoli fondiari erano riconducibili al sopraccitato allodio e non al feudalesimo, in cui l'omaggio appariva un prerequisito necessario.[8][11] A differenza delle monarchie assolute, prevalse in varie realtà europee nel Seicento, il re polacco non era un autocrate e nemmeno il signore supremo dello szlachta.[7][14] Durante le tre successive spartizioni della Polonia tra il 1772 e il 1795, il grosso della szlachta cominciò a perdere privilegi legali e status sociale, mentre i più abbienti si sfilacciarono nelle élite aristocratiche delle tre potenze che si spartirono la Polonia.