Tibet sotto la dinastia Yuan o Dinastia Sakya (zh. 薩迦王朝S, Sàjiā WángcháoP) | |
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Il Tibet all'interno dei confini dell'impero sino-mongolo della dinastia Yuan | |
Dati amministrativi | |
Capitale | Monastero Drigung (1244-1264) Monastero di Sakya (1268-1354) |
Dipendente da | Dinastia Yuan |
Politica | |
Forma di governo | Diarchia |
Nascita | 1244 |
Fine | 1354 |
Territorio e popolazione | |
Religione e società | |
Religione di Stato | Buddhismo tibetano |
Evoluzione storica | |
Succeduto da | Dinastia Phagmodrupa |
Ora parte di | Tibet |
Le relazioni sino-tibetane al tempo della dinastia Yuan (1271-1354), più propriamente le relazioni sino-mongolo-tibetane al tempo dell'Impero mongolo (1244-1354), furono caratterizzate da una diarchia nella quale i Mongoli/Yuan controllavano strutturalmente, militarmente e amministrativamente il paese,[N 1] mentre il potere religioso era nelle mani dei lama, nella fattispecie della setta Sakya del Buddhismo tibetano, favorita e foraggiata dai mongoli, tanto che, nella storia tibetana, questo periodo è anche ricordato come dinastia Sakya (zh. 薩迦王朝S, Sàjiā WángcháoP).
Il dominio mongolo sul Tibet fu stabilito dopo che Sakya Pandita ottenne il potere sulla regione dai mongoli nel 1244, in seguito alle loro prime incursioni ivi, avviate nel 1240 sotto l'egida di Godan Khan, nipote di Gengis Khan, ed eseguite dal generale Doorda Darqan.[1] La definitiva sottomissione del paese ai mongoli avvenne solo negli anni 1250, al tempo di Khaghan (imperatore) Munke (r. 1251-1259),[2] mentre la sua effettiva integrazione nell'impero mongolo avvenne al tempo del successivo Khagan, Kublai Khan (r. 1260-1294).
Come anticipato, il Tibet mantenne un certo grado di autonomia politica sotto il lama Sakya, capo de jure della nazione nonché capo spirituale "universale" dell'Impero mongolo. Il governo amministrativo-militare del Tibet fu affidato ad uno specifico ufficio governativo della dinastia sino-mongolica Yuan fondata da Kublai, lo 宣政院S, Xuānzhèng YuànP, lett. "Corte/Ufficio per la diffusione del governo", oggi noto come "Ufficio degli affari buddisti e tibetani", un dipartimento amministrativo di alto livello separato dalle altre province Yuan ma pur sempre sottoposto all'amministrazione centrale. Il Tibet mantenne un controllo nominale sugli affari religiosi e politici, mentre la dinastia Yuan gestiva la struttura amministrativa della regione,[N 2] supportata dalla sua forza d'occupazione militare che ebbe comunque scarso impiego. Questa diarchia era palesemente sbilanciata in favore dei mongoli[3] ed uno degli scopi dello Xuānzhèng Yuàn era selezionare il locale amministratore plenipotenziario, il Dpon chen, solitamente suggerito (più che nominato) dal Lama e confermato nella carica dall'imperatore Yuan a Khanbaliq (odierna Pechino).[3]
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