La tradizione jahvista, spesso abbreviata J, è una delle ipotetiche fonti del Pentateuco (Torah), assieme a Deuteronomio e alle fonti Elohista e Sacerdotale. Secondo la classica "ipotesi documentale" proposta da Julius Wellhausen, la fonte J è la più antica del Pentateuco, risalente al IX o X secolo a.C., anche se questa datazione è recentemente caduta in disgrazia.[1][2][3] Originariamente ricevette il suo nome dall'uso caratteristico del termine Yahweh (tedesco Jahwe e in ebraico יהוה?) per indicare Dio.[4]
Durante la maggior parte del XX secolo, la credenza dominante tra gli studiosi era che la Torah era stata composta intrecciando quattro documenti originariamente separati e completi, di cui la fonte Jahvista era una di queste, e venne chiamata ipotesi documentale. Nell'ultimo quarto del XX secolo, il consenso sull'ipotesi del documentale andò scemando e, sebbene le sue varianti abbiano ancora un ampio sostegno, ora ci sono molte alternative.
Queste possono essere ampiamente suddivise tra modelli "frammentari" e "supplementari". Le ipotesi frammentarie, viste in particolare nel lavoro di Rolf Rendtorff ed Erhard Blum, vedono il Pentateuco crescere attraverso la progressiva maturazione di materiale in blocchi sempre più grandi prima di essere uniti, prima da uno scrittore Deuteronomista ("Deuteronomista" significa legato al Deuteronomio, che fu composto alla fine del VII secolo a.C., e poi da uno scrittore sacerdotale (VI o V secolo a.C.), che aggiunse anche il proprio materiale.[5]
L'ipotesi supplementare è esemplificata nel lavoro di John Van Seters, che vede J (che lui, a differenza dei "frammentisti", vede come un documento completo) composto nel VI secolo a.C. come introduzione alla storia deuteronomistica, la storia di Israele, che riprende la serie di libri da Giosuè ai Re. Gli scrittori sacerdotali in seguito aggiunsero supplementi a questo (da qui il termine "supplementare") in un processo che continuò fino alla fine del IV secolo a.C.[6]