La tratta atlantica degli schiavi africani (o solo tratta atlantica) fu il commercio di schiavi di origine africana attraverso l'Oceano Atlantico fra il XVI e il XIX secolo. Gli schiavi erano venduti dagli Stati africani ai mercanti dell'Europa occidentale e deportati da questi ultimi soprattutto nel Continente americano, dove erano particolarmente impiegati nelle piantagioni di prodotti destinati al mercato europeo[1], ma anche nella stessa Europa (prima in Portogallo e Spagna, e successivamente anche nei paesi nord-europei), dove erano impiegati come servi domestici e braccianti agricoli.[2] La pratica di deportare schiavi africani verso le Americhe fu un passaggio fondamentale della nascita e dello sviluppo delle colonie europee del Sud e Centro-America prima e del Nord-America poi.
Oltre alla tratta atlantica, vi furono una "tratta africana" e una "tratta orientale"[3][4].
A causa della tratta e delle sue conseguenze morirono da due a quattro milioni di africani; molti afroamericani e africani si riferiscono alla tratta con il termine black holocaust (olocausto nero) oppure maafa (in lingua swahili: "disastro" o "avvenimento terribile", "grande tragedia")[5]. La tratta venne abolita dal Regno Unito nel 1807 e dagli Stati Uniti nel 1808[6].