Trimetazidina | |
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Nome IUPAC | |
1-(2,3,4-trimetossibenzil)-piperazina | |
Caratteristiche generali | |
Formula bruta o molecolare | C14H22N2O3 |
Massa molecolare (u) | 266,336 |
Numero CAS | |
Numero EINECS | 225-690-2 |
Codice ATC | C01 |
PubChem | 21109 |
DrugBank | DBDB09069 |
SMILES | COC1=C(C(=C(C=C1)CN2CCNCC2)OC)OC |
Dati farmacologici | |
Modalità di somministrazione | Orale |
Dati farmacocinetici | |
Metabolismo | minimo |
Emivita | da 7 a 12 ore |
Escrezione | principalmente renale (immodificata) |
Indicazioni di sicurezza | |
La trimetazidina è un derivato di piperazina indicato per il trattamento sintomatico dell'angina pectoris stabile in pazienti che risultano intolleranti alle terapie di prima linea.[1] Sin dagli anni '60, la trimetazidina è stata oggetto di studi come trattamento per l'angina pectoris.[2][3]
Le condizioni acide, causate dal metabolismo anaerobico e dall'ossidazione degli acidi grassi in risposta all'ischemia miocardica, attivano i sistemi di antiporto sodio-idrogeno e sodio-calcio.[4] L'aumento del calcio intracellulare riduce la contrattilità. Si ipotizza che la trimetazidina inibisca la 3-chetoacil coenzima A tiolasi, riducendo l'ossidazione degli acidi grassi ma non il metabolismo del glucosio, prevenendo così le condizioni acide che aggravano il danno ischemico.[5][6] Tuttavia, le prove per questo meccanismo sono controverse.[4]
La trimetazidina non è approvata dalla Food and Drug Administration, ma è approvata in Francia dal 1978.[5]
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