Con il patto di riscatto il venditore si riserva il diritto di riacquistare la cosa venduta alle condizioni stabilite dagli artt. 1500 e seguenti del codice civile italiano.[1][2][3]
L'istituto trova concretamente applicazione quando il venditore vende il bene perché ha necessità di denaro, ma spera in un secondo momento di riacquistarlo; oppure, più semplicemente, può essere indeciso e si riserva il diritto di cambiare idea.
Secondo alcuni autori (ma l'opinione è tutt'altro che pacifica) dal punto di vista del compratore l'operazione può assolvere ad una finalità di garanzia, in quanto il pagamento del prezzo funge da erogazione di un prestito e la proprietà del compratore garantisce dall'inadempimento, da intendersi però solo in senso lato, cioè in senso economico e non pure tecnico giuridico.
Nella maggior parte dei casi l'acquirente è la parte debole del contratto: proprio perché ha tenuto conto di questa disparità di forze, nonché degli scopi non sempre limpidi dei contraenti, il legislatore ha guardato a questo istituto con una certa diffidenza e lo ha circondato di una serie di cautele volte a tutelare il compratore.
In particolare, è previsto che il prezzo di riscatto non possa essere superiore al prezzo di vendita, altrimenti si avrebbe nullità per eccedenza.[4] Lo scopo della norma è duplice; da una parte cercare di evitare che un soggetto che ha bisogno urgente di denaro sia portato a disfarsi di un immobile vendendolo ad un prezzo molto inferiore al suo prezzo di mercato; dall'altra cercare di evitare che il compratore scoraggi il riacquisto futuro stabilendo un prezzo di riacquisto molto alto.