Il verificazionismo, noto anche come principio di verifica o criterio di verificabilità del significato, è una dottrina filosofica che afferma che un'affermazione è significativa solo se è empiricamente verificabile (può essere confermata attraverso i sensi) o una tautologia (vera in virtù del suo stesso significato o della sua stessa forma logica). Il verificazionismo rifiuta le affermazioni di metafisica, teologia, etica ed estetica come prive di significato nel trasmettere valore di verità o contenuto fattuale, sebbene possano essere significative nell'influenzare emozioni o comportamento.
Il verificazionismo era una tesi centrale del positivismo logico, un movimento nella filosofia analitica emerso negli anni '20 da filosofi che cercavano di unificare filosofia e scienza sotto una comune teoria naturalistica della conoscenza.[1] Il criterio di verificabilità ha subito varie revisioni nel corso degli anni '20 e '50. Tuttavia, negli anni '60, è stato ritenuto irrimediabilmente insostenibile.[2] Il suo abbandono avrebbe finito per precipitare il crollo del più ampio movimento positivista logico.[3]