La violenza contro le persone LGBT è posta in essere da azioni volte a ledere l'integrità psicofisica della persona, a causa della propria identità di genere o del proprio orientamento sessuale. Queste condotte possono essere compiute sia da singoli (eventualmente in concorso tra loro) oppure da gruppi organizzati (anche, in alcuni contesti, derivanti da istituzioni governative). La violenza può estrinsecarsi in modi variegati: attraverso condotte fisiche e violente[1] o vessatorie[2], oppure attraverso l'espressione di giudizi di valore, intesi a ledere la morale della persona che è oggetto della violenza.
Questa violenza può manifestarsi anche su di un piano di condotta socialmente tipica, laddove si tende a sanzionare o stigmatizzare i comportamenti e i costumi che non si confanno alle "norme sociali tipicamente accettate" in una data comunità umana. In inglese quest'ultimo aspetto viene indicato nello specifico come eteronormatività ("heteronormativity"), neologismo che individua - forse in modo poco appropriato - nell'eterosessualità la modalità preferita o normale di orientamento sessuale. In alcuni ordinamenti giuridici[3] l'omosessualità è sanzionata penalmente, cosicché sia la società che le istituzioni di tali Paesi sono legittimate a perpetrare violenza nei confronti delle persone bisessuali, omosessuali e transessuali, la quale può essere estesa anche a soggetti non appartenenti alla comunità LGBT. La violenza contro le persone LGBT rientra tra i crimini d'odio, ossia tra quei reati perpetrati a causa di un'appartenenza, reale o presunta, a determinati gruppi sociali.[4][5]
Nel caso in esame, il gruppo sociale individuato è composto da persone bisessuali, omosessuali, transessuali o transgender.
Secondo l'Agenzia per i diritti Fondamentali (FRA) dell'Unione europea l'omofobia nel 2009 danneggia la salute e la carriera di quasi 4 milioni di persone in Europa[6][7] e l'Italia è il paese dell'Unione Europea con il maggior tasso di omofobia sociale, politica ed istituzionale.[8]