Il wahhabismo è un movimento di riforma religiosa sviluppatosi alla metà del XVIII secolo nel Najd, un'area desertica al centro della penisola arabica, socialmente, culturalmente ed economicamente poco sviluppata rispetto ai principali centri del mondo islamico dell'epoca. I suoi presupposti possono essere rinvenuti nell'onda lunga di un movimento di riforma religiosa partito dall'area Indo-Pacifica del mondo musulmano. Questo movimento predicava in generale un ritorno al testo coranico. Il suo fondatore eponimo Muḥammad ibn ʿAbd al-Wahhāb (al-ʿUyayna, Najd, 1703 - Dirʿiyya, presso Riyāḍ, 1792), era figlio di ʿAbd al-Wahhāb, un qadi di scuola hanbalita che esercitava al-ʿUyayna.
Sebbene sia definito spesso come "arcaico", "ultraconservatore",[1] "austero"[2], il wahhabismo è prima di tutto un movimento letteralista che ha predicato fin dalle sue origini un ritorno alle fonti coraniche attraverso l'eliminazione di ogni interpretazione del testo in quanto attributo di Allah. Anche se elaborato a partire da un contesto religioso di stampo hanbalita, il wahhabismo ha però combattuto il fiqh dei madhhab tradizionali in nome di un assoluto monoteismo fedele all'unico principio del tawḥīd. Interprete della più intransigente palingenesi islamica, il Wahhabismo è stato il credo dominante nella penisola arabica e dell'attuale Arabia Saudita. Esso costituisce una forma estremamente rigida di Islam, che insiste su un'interpretazione letteralista del Corano.